Tirreno Power, l'accusa: “Ritardi e negligenze nel rispetto delle norme, i soci incassavano utili"

A Savona il processo per disastro ambientale e sanitario colposo, il pubblico ministero Elisa Milocco ha chiesto condanne per 86 anni complessivi.

Tirreno Power, l'accusa: “Ritardi e negligenze nel rispetto delle norme, i soci incassavano utili"
TgrLiguria
La requisitoria del Pm Elisa Milocco nel processo Tirreno Power

Oltre 428 milioni di euro percepiti tra 2004 e 2009. Dividendi per 280 milioni distribuiti tra i soci tra il 2006 e il 2009, privando la società di risorse”. Numeri elencati durante la requisitoria della pubblico ministero Elisa Milocco, di fronte al giudice monocratico Francesco Giannone, al processo a 25 ex amministratori e dirigenti di Tirreno Power, accusati di disastro ambientale colposo.

Per l'accusa, negli anni presi in esame, i dirigenti della centrale non hanno messo in atto le migliori soluzioni tecniche impiantistiche, gestionali e di controllo in grado di garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente.

L'indagine era partita nel 2010 dalle denunce di associazioni di cittadini, in particolare dell'area di Vado Ligure Quiliano. Aveva portato, nel 2014, al sequestro dei due gruppi a carbone. Il processo, durato quattro anni, rallentato anche dal covid, ha visto sfilare centinaia di testimoni, consulenti, esperti nominati da accusa, difese e parti civili.  Sono decadute le ipotesi iniziali omicidio colposo e disastro doloso, resta quella di disastro ambientale e sanitario colposo.

Le denunce dei comitati di cittadini sono fondate su diversi studi epidemiologici. In particolare uno: l'analisi, condotta dall'istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa, su oltre 144 mila residenti tra il 2001 e il 2013 nei 12 comuni delle zone più esposte alle emissioni, analisi che rilevava un aumento della mortalità del 49%.  Studio duramente contestato dalle difese, che negano vi sia correlazione con la centrale.

Tirreno Power sostiene che negli anni “non ci sia mai stata nessuna violazione dei limiti di legge”, e cita il lavoro dell'Osservatorio della Regione Liguria che “ha escluso ci fosse una situazione sanitaria peggiore nell'area attorno alla centrale.".

Il rispetto dei limiti di legge, però - secondo l'accusa - non sarebbe sufficiente a escludere responsabilità da parte degli imputati. “Il gestore – ha sostenuto la pm - ha ottemperato a tutte le prescrizioni con notevole ritardo, nel silenzio di chi avrebbe dovuto controllare, con un atteggiamento sprezzante delle norme e negligente" non utilizzando le migliori tecniche disponibili, anche se “è difficile collegare queste condotte con l'evento che si è verificato”, cioè il presunto danno ambientale.

Nel corso degli anni Tirreno Power ha tenuto un atteggiamento negligente e sprezzante per le norme, ma è difficile collegare queste condotte con l'evento che si è verificato”, cioè l'inquinamento ambientale. Inoltre, ha aggiunto la pm, “è stata omessa l'unica misura che avrebbe davvero ridotto inquinamento, cioè la copertura del parco carbonile, un'area ampia e soggetta agli agenti atmosferici” nonostante cittadini e amministratori locali avessero “più volte manifestato preoccupazioni per il carbone lasciato a cielo aperto”. Contestata anche la mancata costruzione del nuovo gruppo VL6, definito “uno specchietto per le allodole, servito per ottenere permessi a condizioni vantaggiose, anche se era ovvio che non sarebbe mai stato realizzato”. Le autorizzazione rilasciate quindi “in base a una falsa rappresentazione dei fatti” erano per l'accusa “un provvedimento illegittimo” ma “dopo aver ottenuto autorizzazioni così generose, il gestore ha comunque violato alcune delle prescrizioni

Nel video l'intervista a Matteo Ceruti avvocato parte civile

 

 

 


--“Nel corso degli anni Tirreno Power ha tenuto un atteggiamento negligente e sprezzante per le norme, ma è difficile collegare queste condotte con l'evento che si è verificato, cioè l'inquinamento ambientale che potrebbe aver causato i presunti casi di malattie e morti nell'area circostante la vecchia centrale a carbone.È iniziata con queste parole, poco prima delle 11 di questa mattina, la requisitoria della pubblico ministero Elisa Milocco al processo ai 25 imputati, tra ex amministratori e dirigenti dell'azienda, accusati di disastro ambientale colposo. L'indagine era partita nel 2010 dalle denunce di associazioni di cittadini in particolare dell'area di Vado Ligure - Quiliano. E aveva portato nel 2014 al sequestro dei due gruppi a carbone.Il processo, durato quattro anni, rallentato anche dal covid, ha visto sfilare centinaia di testimoni tra cui consulenti ed esperti portati da accusa, difese e parti civili.Le iniziali accuse di omicidio colposo e disastro doloso sono decadute, resta in piedi quella di disastro ambientale e sanitario colposo. Le denunce dei comitati di cittadini si sono fondate su diversi studi epidemiologici. Uno in particolare: l'analisi condotta dall'istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa su oltre 144 mila residenti tra il 2001 e il 2013 in 12 comuni delle zone più esposte alle emissioni, che rilevava un aumento della mortalità del 49%.Dati che per le difese e la società sarebbero “vecchi e già confutati”. Tirreno Power sostiene da parte sua che negli anni “non ci sia mai stata nessuna violazione dei limiti di legge”, come confermato anche dall'Osservatorio salute e ambiente della Regione Liguria, creato  per verificare l'impatto ambientale e sulla salute della centrale di Vado Ligure che “ha concluso le indagini escludendo in modo chiaro e documentato qualsiasi impatto dell'impianto".Il rispetto dei limiti di legge, però, secondo l'accusa non sarebbe sufficiente a escludere responsabilità da parte degli imputati. “Il gestore – ha sostenuto la pm - ha ottemperato a tutte le prescrizioni con notevole ritardo, nel silenzio di chi avrebbe dovuto controllare”.